“Alla centesima asta di biciclette la ricettazione sarà ridotta ai minimi termini e noi potremo fare altro”. Il sogno che resterà nel cassetto.

Radio e giornali parlano della “rabbia dei ciclisti”, o meglio delle associazioni che hanno perso il sostegno dell’Amministrazione. Vi raccontiamo la storia di un progetto lungo 13 anni che volge al termine.
L’assurdo fenomeno della ricettazione delle biciclette, un circolo vizioso che si autoalimentava: acquistare una bicicletta da chi poi te l’avrebbe rubata, per poi rivenderla di nuovo ad un tuo amico o magari a te stesso. Tra di noi lo chiamavamo “noleggio a tempo indefinito in via Zamboni”.
Volevamo fare qualcosa perché non se ne poteva più, allora Polpetta (studente di Medicina) salta su e dice “chiediamo a quelli della stazione se ci danno le bici per fare un’asta in via Zamboni”.
Mai Azienda è stata più felice di sostenere la folle idea di quattro studentelli – sconfiggere il mercato nero delle bici svuotando magazzini di RFI (per questo non smetteremo mai di ringraziare Giulio, Sandro e Rita).
La prima asta nel 2005, fu un successone, tanto che organizzammo la seconda nel giro di tre giorni con i vecchi ravaldoni delle ferrovie andati completamente a ruba.
Ma l’aspetto più importante stava nell’intuizione, offrire un’alternativa per uscire da un percorso di illegalità diffusa: all’epoca noi non ne eravamo consapevoli, lo erano però le istituzioni e i comitati cittadini che accolsero l’idea con grande entusiasmo e ci proposero sin da subito di andare avanti.
Il primo fra tutti a crederci fu il Quartiere San Vitale, seguirono subito dopo l’Università e il Comune di Bologna – Settore Mobilità. Tra le associazioni, oltre ai gruppi studenteschi c’era Amici di Piazza Grande e il Comitato Piazza Verdi.
Insomma, gli studenti avevano avuto un’idea che la città aveva accolto con favore e tutti, davvero tutti, diedero il loro contributo allo sviluppo di un progetto articolato.
I quattro studentelli si trovarono al centro di un processo di coprogettazione nato dal nulla per la lotta al dilagante fenomeno della ricettazione di biciclette insieme a tanti giovani e meno giovani che volevano darsi da fare per il comune obiettivo.
Processo che nel 2008 compie il suo primo salto di qualità – nasce il progetto sCATENAti, contro il mercato di biciclette rubate con la sua campagna di comunicazione e le forti azioni dimostrative in zona universitaria, come i 10.000 pallonicini rossi lanciati su Piazza Verdi o i cartelli appesi tra il 32 e il 38 di via Zamboni con scritto “attenzione, area rivendita di bici rubate” – “compra solo biciclette legali”.
L’approccio al tema della lotta alla ricettazione diventa più sistematico: offerta dell’alternativa all’acquisto illegale con la stabilizzazione dell’Asta di bici; campagna di Sensibilizzazione verso gli acquirenti; percorso di recupero dei ricettatori con corsi di cicloriparazione a loro dedicati.
Il Settore Mobilità, guidato dall’Assessore Zamboni mette a disposizione gli spazi per un magazzino bici, il Quartiere quelli per una ciclo-officina, la regione, l’università e un’azienda privata le risorse economiche, le associazioni cittadine “Amici di Piazza Grande e Comitato Piazza Verdi” competenza e supporto.
L’anno successivo, con l’Assessore Mancuso, fu la volta del coinvolgimento del Settore Sicurezza e della Polizia Municipale.
Tante erano le riunioni in Quartiere e in Comune con assessori e tecnici. Persone diventate familiari negli anni vista la meravigliosa abitudine di co-progettare. L’obiettivo era comune, c’era una prospettiva precisa – la difesa e la promozione della bici – e dunque tanta era la voglia di fare.
Dal 2008 al 2016 abbiamo lavorato per cercare di regolarizzare il più possibile le Aste di bici, trasformando l’iniziativa da sporadica a fissa, in media 8 aste all’anno, 4 in primavera e 4 in autunno, per offrire una sorta un appuntamento stabile con le bici a basso costo di provenienza legale. E ha funzionato. C’è stato un momento in cui la ricettazione era davvero diminuita, o meglio, non c’era più quel ricco commercio di biciclette in Piazza Verdi, luogo principale della ricettazione.
L’apice del percorso arriva nel 2015 quando, grazie all’impegno degli Assessori Monti e Colombo, è stato firmato il Protocollo di Intesa per il contrasto ai furti di bici tra Questura, Comune di Bologna e Consulta della Bicicletta, e forse proprio in quel momento di assoluta sinergia tra tutti gli i soggetti coinvolti, di programmazione concreta, abbiamo pensato che 100 aste di biciclette sarebbero bastate ad arginare il fenomeno della ricettazione o almeno a creare una coscienza collettiva tale da non dover più lavorare così tanto al tema.
Da allora abbiamo recuperato più di 5500 biciclette, abbiamo riparato il riparabile e messo all’asta, in 87 edizioni, oltre 4.000 mezzi, collaborato con numerosissime associazioni, coinvolto centinaia di volontari e formato decine di persone, un processo di crescita personale e professionale per i singoli e, per la collettività. L’asta di bici e l’articolato progetto sCATENAti hanno dato un fortissimo contributo allo sviluppo del senso civico, della cultura della legalità, della mobilità sostenibile e più in generale della sensibilità ambientale.
Non è un caso che Bologna sia nata la prima Velostazione, i primi passi nel mondo delle due ruote e dell’attivismo civico da parte della Presidente della Consulta, nonché Project Manager di Dynamo, sono stati nel 2008 in Piazza Verdi durante l’evento di lancio del progetto sCATENAti, così come la nascita di alcuni dei negozi di riparazione e vendita bici (almeno tre) di qualche anno fa sono opera di ragazzi che si sono formati professionalmente nell’officina dell’asta di bici.
Tutto questo perchè la strada intrapresa dalla città, o meglio, dall’amministrazione era chiara: puntare sulla bicicletta, come tra l’altro fanno la maggior parte dei paesi europei.
Puntare sulla bicicletta per ridurre il traffico, l’inquinamento, per migliorare la qualità dell’aria, la salute dei cittadini per migliorare la qualità della vita di tutta la comunità.
Ma oggi non è più così.
La visione tanto chiara un tempo, ora non lo è più. Non si capisce bene come si voglia migliorare la qualità della vita e ridurre l’inquinamento, ma soprattutto non è chiaro cosa l’amministrazione voglia fare di tutto questo fermento legato al mondo delle due ruote, tutta questa voglia di cambiamento che anima associazioni e singoli cittadini.
Tutti gli strumenti messi a disposizione (Consulta della bicicletta, commissioni, tavoli partecipati, Bici Plan e PUMS) si stanno rivelando fumosi e vani. Nelle parole c’è grande disponibilità, nei fatti è dall’insediamento della nuova giunta che attendiamo, un blocco che non può che distruggere tutto quanto è stato costruito in 14 anni di lavoro – l’entusiasmo, la passione e la voglia di fare di associazioni e singoli si sta trasformando in rabbia o rassegnazione.
Noi abbiamo un passato glorioso, capacità e competenze che non riusciamo più a valorizzare e offrire alla città. Il nostro è un progetto complesso e costoso ma anche capace di generare risorse economiche e umane, ma che ha bisogno di essere condiviso e appoggiato, ha bisogno di avere un obiettivo in comune, ha bisogno di essere inserito nella progettualità, del complesso delle azioni dell’amministrazione.
Noi non vogliamo vendere biciclette, vogliamo contrastare con forza la ricettazione, vogliamo essere i concorrenti dei ricettatori, vogliamo sensibilizzare all’uso della bicicletta, al riuso dei materiali. Vogliamo contribuire a costruire quella coscienza collettiva capace di avere un senso critico costruttivo, capace di comprendere il valore della bicicletta e aumentare la consapevolezza della comunità.
Ma forse, finiremo semplicemente a vendere biciclette usate, secondo le logiche del mercato.
Vito Bernardo – L’Altra Babele
Ascolta il podcast dell’intervista a Radio Città del Capo del 17 aprile 2018.